REGGIO EMILIA – L’esposto al Csm contro Marco Mescolini ha fatto venire alla luce un contrasto fra il procuratore capo e due sostitute in merito ad una vecchia indagine su alcuni bandi di gara del Comune di Reggio. Della divisione all’interno della Procura sulla tempistica di una acquisizione di documenti in municipio abbiamo già parlato diffusamente. Ma gli inquirenti avevano opinioni diverse anche su un altro aspetto. Vediamo come andarono le cose.
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Nel 2016, su ordine della Procura, la Guardia di Finanza iniziò un’indagine su alcune gare d’appalto del Comune di Reggio. L’inchiesta era partita da un episodio che riguardava Santo Gnoni e il suo ruolo di componente della Commissione tributaria provinciale. Ma Gnoni era anche capo dell’Ufficio legale del Comune e la Procura, intercettandolo, arrivò a sospettare che alcuni bandi di gara comunali fossero stati confezionati ad arte per predeterminarne l’esito. La Guardia di Finanza formulò ipotesi di reato a carico di una quarantina di persone.
Per la metà circa di queste posizioni, la Procura era orientata a chiedere l’archiviazione. Tra loro c’erano il sindaco di Reggio Luca Vecchi e l’imprenditore Luigi Maramotti, con l’ipotesi di turbativa d’asta in concorso. Siamo tra l’autunno del 2018 e la primavera del 2019. Il procuratore capo Mescolini e le due titolari dell’inchiesta, Valentina Salvi e Giulia Stignani, concordavano sul fatto che non vi fossero elementi per procedere. Si manifestò invece una diversità di vedute su un aspetto: Salvi e Stignani volevano iscrivere anche queste persone nel registro degli indagati e contestualmente redigere le richieste di archiviazione. Mescolini era dubbioso. Perchè iscriverli per fatti risalenti a diversi anni prima se si pensava di chiedere l’archiviazione? Il 22 luglio 2020 Salvi e Stignani depositarono l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per 24 indagati. Tra questi, come concordato, non c’erano né Vecchi, né Maramotti né tutti gli altri per i quali erano già pronte le richieste di archiviazione.
Agli occhi del profano, la diversità di opinioni sull’iscrizione o meno di quelle persone appare come l’esempio di una normale dialettica all’interno di un ufficio giudiziario. Come andò a finire? Il procuratore capo si impose e costrinse Salvi e Stignani a non iscrivere il sindaco nel registro degli indagati? No, le due sostitute fecero quello che ritenevano più giusto e iscrissero anche Vecchi.
C’è in questa vicenda un elemento temporale non secondario. La relazione finale della Guardia di Finanza, con le comunicazioni delle notizie di reato e dei possibili indagati, è datata giugno 2017. Questo significa che arrivò in Procura 15 mesi prima che Mescolini si insediasse come procuratore capo. In quei 15 mesi che seguirono il pensionamento di Giorgio Grandinetti e precedettero l’arrivo del nuovo procuratore nessuna iniziativa fu presa.
Reggio Emilia indagine Comune di Reggio Emilia appalti Marco Mescolini procuratore capoCaso Mescolini: il procuratore capo mercoledì davanti al plenum del Csm. VIDEO













