REGGIO EMILIA – Qual era l’altra faccia della crisi, la faccia imprevedibile della grande crisi dell’edilizia su cui abbiamo chiuso la scorsa puntata del nostro approfondimento? Era nascosta nelle circa mille osservazioni al Piano Strutturale comunale del 2009 presentate da cittadini e imprese. Mentre i cantieri si fermavano e migliaia di appartamenti rimanevano invenduti, mentre il Comune di Reggio decideva di non prevedere nuove aree residenziali, all’Amministrazione arrivava la richiesta di poter costruire 12mila alloggi in più e di autorizzare un milione e mezzo di metri quadrati in più di aree commerciali e produttive.
Il Comune respinse più del 98% di quelle richieste. Ma quella valanga di osservazioni diceva una cosa importante: sotto la cenere della crisi, il fuoco della rendita fondiaria continuava a covare. Per provare a scoraggiare questa logica, la Giunta Delrio aveva stabilito che fino ai due terzi delle aree trasformate fossero ceduti all’amministrazione comunale. Ma il meccanismo funzionò poco o non abbastanza.
Da dove venivano le mille osservazioni al Psc del 2009 che chiedevano aree a destinazione residenziale per 12mila appartamenti in più? Venivano da società immobiliari e imprese di costruzioni che avevano acquistato terreni agricoli e poi depositato richieste di variante. Ma c’erano anche tanti comuni cittadini, soprattutto agricoltori o ex agricoltori, che speravano di vendere i terreni come edificabili e sistemarsi. Un fazzoletto di terreno agricolo trasformato in area residenziale, produttiva o commerciale diventa un tesoretto su cui contare.
Quando nel 2014 si insediò la nuova Giunta guidata da Luca Vecchi, l’edilizia si dibatteva ancora in una crisi profonda. Gli oneri di urbanizzazione incassati dal Comune di Reggio erano passati dai 25 milioni del 2005 ai 10 milioni del 2013. Le associazioni d’impresa accusavano l’amministrazione comunale di affossare il settore. Fu in questo contesto che la Giunta assunse decisioni senza precedenti. (5/continua)
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