REGGIO EMILIA – Questione d’onore. La vicenda della morte di Saman Abbas diventa sempre più una questione d’onore. Non solo perchè l’onore ferito è, per la procura, il movente che ha mosso padre e madre, zio e cugini della 18enne, ragazza ribelle. Ma anche per la barriera che il Pakistan pare proprio aver messo tra Shabbar Abbas e la sua consegna all’Italia, come se da questo dipendessero consenso o dissenso.
Da tre mesi il padre di Saman è stato arrestato, da tre mesi la sua estradizione slitta per motivi che, è chiaro da un po’, sono pretesti per allungare i tempi o – che poi è la stessa cosa – per mettere i bastoni tra le ruote. E, intanto, una ragazza è morta e un processo è iniziato senza che tutti gli imputati siano presenti, cosa che andrebbe a loro stesso beneficio.
La procura di Reggio Emilia, che è in attesa, ha comunque fatto la propria mossa: ha chiesto alla Corte d’Assise, davanti alla quale è iniziato il processo, che venga disposto un videocollegamento col padre di Saman, la cui posizione per ora è stata stralciata visto il suo impedimento a esserci. La Corte il 17 febbraio dovrà autorizzarlo tramite ordinanza, poi il tutto dovrà comunque essere organizzato.
Si poteva pensare che con questa pressione oggi nell’udienza pakistana potesse muoversi qualcosa, invece nulla, e per un motivo che sa di presa in giro: le parti non si sono presentate. Tradotto: non c’era nessuno. Rinvio secco al 21 febbraio.
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