REGGIO EMILIA – Torniamo a parlare della confisca degli immobili, delle società e dei conti dei fratelli Sarcone passati l’altro ieri in modo definitivo nelle mani dello Stato. Ne ha parlato Rosario Di Legami, amministratore giudiziario dei beni sequestrati nel processo Aemilia, ospite ieri sera a Il Graffio, concentrandosi sugli ostacoli che complicano la destinazione dei beni ad attività di pubblica utilità.
La destinazione per pubblica utilità, che è stata fortemente voluta da Libera nel 1996, ancora stenta a carburare come impostazione da attribuire ai beni confiscati”, ha detto. Dovrà attendere quindi diversi anni la comunità di Bibbiano prima di potersi appropriare dei beni definitivamente confiscati ai fratelli Sarcone. Colpa dell’attuale normativa, spiega l’avvocato. Una procedura che fa prevalere l’interesse degli eventuali creditori rispetto alla destinazione di immobili o altro a finalità sociali. “Le pastoie normative non semplificheranno il compito”.
L’auspicio di Legami è che quest’ultima confisca rappresenti un punto d’inizio per colpire non solo gli appartamenti alla criminalità organizzata ma anche chi ne favorisce gli interessi. Come un punto d’inizio può essere considerato anche l’arresto di Matteo Messina Denaro. Oltre che sulle coperture di cui ha goduto, gli investigatori si concentrano sul suo patrimonio accumulato.
Collegato dalla sua Sicilia, Di Legami si è soffermato anche sul tema delle intercettazioni dicendosi favorevole a evitare la pubblicazione di quelle irrilevanti dal punto di vista penale o politico.
Reggio Emilia Rosario Di Legàmi "Il graffio" beni confiscati alla 'ndrangheta famiglia sarcone










