REGGIO EMILIA – La sentenza della Cassazione sul processo Aemilia ha cristallizzato una verità giudiziaria sul radicamento delle cosce di ‘ndrangheta nella nostra provincia, ma ha anche un effetto diretto sui beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Qual è ora il lo destino? “Dovrebbero essere assegnati per pubblica utilità come priorità e poi, eventualmente, venduti per soddisfare tutti quei creditori che in buona fede hanno avuto rapporti, non sapendo dello spessore criminale”.
L’avvocato Rosario Di Legami, che di quei beni è amministratore giudiziario, usa il condizionale, perché sa bene che l’assegnazione per pubblica utilità è un percorso a ostacoli, reso troppo lungo dall’innesto di una procedura fallimentare in una misura patrimoniale. E le insidie sono sempre dietro l’angolo, perché il legislatore ha previsto che i beni confiscati alle mafie vengano venduti in un’asta pubblica, come nei pignoramenti. “Non capendo che con l’asta può partecipare chiunque, anche le teste di legno degli ‘ndranghetisti”, ha detto ieri a Decoder.
Di Legami non si arrende e annuncia che a Brescello, dopo l’assegnazione nel marzo scorso di due capannoni e una palazzina alla Protezione civile, si farà prossimamente un altro passo con alcuni appartamenti. “Col prefetto stiamo andando avanti per assegnazioni di beni dei Grande Aracri alla pubblica utilità e alle famiglie bisognose”, ha aggiunto.
Molto positivo il giudizio dell’amministratore giudiziario sul nuovo procuratore capo di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci: “Ho avuto occasione di conoscerlo e di apprezzare la sua grande professionalità. Si è occupato di mafia a Palermo e di ‘ndrangheta a Reggio Calabria. Ha la capacità di cogliere quei reati spia – come bancarotta fraudolenta e reati fiscali – visto che la procura di Reggio non ha ormai competenza rispetto ai reati di mafia perché è della Dda. Io sono convinto che farà veramente un gran lavoro perché è una persona serissima”.
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