REGGIO EMILIA – L’ultima volta che Francesco Maria Caruso, Andrea Rat e Cristina Beretti si sono visti tutti e tre insieme è stato nel giorno della lettura della sentenza di primo grado del rito ordinario di Aemilia. A distanza di sei anni, i tre giudici della corte del maxi-processo contro la ‘ndrangheta si sono ritrovati in comune a Reggio in occasione della riunione della Consulta per la Legalità, la prima dell’amministrazione di Marco Massari. Il giudice, allora presidente del collegio giudicante, è stato invitato per un intervento, davanti ad istituzioni e autorità, sulla presenza della criminalità organizzata.
“Oggi si sa che c’è. Fino al 2015 si discuteva se ci fosse o non ci fosse. Da dopo il 2015 sappiamo con che cosa abbiamo a che fare e con che cosa dobbiamo misurarci“, ha detto l’allora presidente della Corte.
La Consulta per la Legalità è formata da 24 enti e associazioni. E’ nata nel 2018 per promuovere azioni di contrasto della criminalità organizzata e per diffondere la cultura della legalità. In passato è stata al centro di polemiche, accusata di immobilismo. “Adesso c’è un tema in più, che è quello del riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati, che finalmente sono arrivati al comune di Reggio e ad altri comuni. Vogliamo una consulta operativa – commenta Giovanni Mattia, referente di Libera Reggio Emilia – Ci aspettiamo che vengano definiti i compiti e i ruoli della consulta. Ci aspettiamo che anche le associazioni datoriali dicano la propria e facciano attivamente qualcosa all’interno”.
Proprio il presidente di Libera Don Ciotti da Reggio si è rivolto ai partiti in vista delle regionali chiedendo di non candidare chi ha avuto contatti e frequentazioni con ambienti mafiosi, anche se assolto in sede penale. “Credo che sia un invito giusto, il problema è che il concetto di vicinanza è un concetto ambiguo, vago e sfuggente, quindi è possibile che qualcuno sfugga – chiosa Caruso -. Bisognerebbe che i partiti non si limitassero a dei controlli formali ma andassero in fondo e approfondissero il passato e le condizioni di lavoro di ogni candidato”.
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