REGGIO EMILIA – Tra le tante vite di Paolo Bellini, una delle meno esplorate è quella degli anni giovanili e dell’educazione politica. Il processo in corso a Bologna per l’inchiesta sui mandati della strage del 2 agosto 1980 ci consente di raccogliere qualche elemento su quella fase, all’alba degli anni 70, a Reggio.
Ne emerge una sorta di foto di gruppo i cui componenti non sono necessariamente abbracciati. Giovanissimi in virtuale camicia nera che poi hanno seguito percorsi differenti, indossando abiti diversi, lontano dalla strada eversiva del killer della Mucciatella.
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Nell’udienza dello scorso 29 settembre viene ascoltato Antonio Marotta, dirigente della Digos di Bologna, incaricato dagli inquirenti di ricostruire il profilo di Paolo Bellini nel corso degli anni 70.
Dagli atti citati dall’investigatore emerge una perquisizione avvenuta il 19 ottobre 1974 nell’abitazione dello stesso Bellini, il quale era sospettato di essere coinvolto in furti in chiese della zona, tra cui quella di Albinea. Non viene rinvenuta refurtiva, ma nella tasca di una giacca viene trovato un foglio scritto a mano. E’ il resoconto di un’azione compiuta da un gruppo di militanti dell’organizzazione giovanile del Msi. Il foglio è datato 27 maggio 1974 e il fatto citato avviene qualche giorno prima, il 10 maggio. Il “rapporto” descrive una sorta di azione punitiva nei confronti di alcuni esponenti del Pci attaccati e messi in fuga mentre stavano affiggendo manifesti elettorali a Campagnola per il referendum sul divorzio in programma il 12 e il 13 maggio. La firma in calce è di Antonio Sarzi Amadè, classe 1955, poi divenuto un avvocato con studio tuttora attivo in città. Ci sono anche i nomi di partecipanti a quell’azione: il più noto è quello di Filippo Silvestro, capogruppo di Forza Italia a Reggio nei primi anni 2000. Scorrono poi i cognomi Boiardi, Zanardi, Corradi, Curti, Magnani, Selvarolo, Bonessi, Giovanazzi e Gualandrini.
Nell’udienza del 24 novembre Bellini a proposito di questo rapporto rivela, in aula, di averlo chiesto a Sarzi Amadè, per poi passarlo al senatore del Msi Franco Mariani, originario di Novellara. L’obiettivo sarebbe stato quello di tenere d’occhio le azioni dei giovani neofascisti per verificare eventuali tendenze eversive e radicali. L’aspetto che colpisce è che Sarzi Amadè avesse riferito quanto accaduto per iscritto non (o quantomeno non solo) a un dirigente del partito, ma a Paolo Bellini.
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