BIBBIANO (Reggio Emilia) – La procedura seguita a Bibbiano per assegnare le sedute di psicoterapia alla Hansel & Gretel non rispettava le normative, ma con tali irregolarità il fondatore della onlus, Claudio Foti, non c’entrava. Ne ha sì beneficiato ma non ci sono prove che consentano di dire che Foti abbia partecipato all’attività amministrativa “essendosi limitato a eseguire le prestazioni illecitamente affidate”.
Lo affermano i giudici della Corte di Appello di Bologna che il 7 giugno scorso hanno assolto lo psicoterapeuta di 71 anni, ribaltando una condanna in primo grado che aveva previsto per lui quattro anni di carcere, nel processo, in abbreviato, sui presunti affidi illeciti di bambini in Val d’Enza. Foti non commise i reati di abuso d’ufficio e di frode processuale. Aveva instaurato con gli altri imputati, sotto giudizio con rito ordinario, “rapporti amicali e di frequentazione”, considerati “elementi indiziari equivoci e non univivoci e del tutto inidonei a sorreggere un’affermazione di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio”, scrivono i giudici.
L”ingiusto vantaggio conseguito dal professionista, secondo le motivazioni, è legato “all’utilizzo ‘sine titulo’ dei locali de “La cura” di Bibbiano: “Come emerso dall’attività di indagine – si legge – gli psicoterapeuti avevano infatti libero e incondizionato accesso a tale struttura pubblica, in cui venivano tenute sedute terapeutiche anche nei confronti di pazienti privati”.
Claudio Foti, figura simbolo secondo l’accusa all’interno della vicenda, non provocò nemmeno danni a una sua paziente minorenne sottoposta a terapia. “Non si può affermare la sussistenza di un nesso causale tra la condotta terapeutica di Foti e la patologia di cui avrebbe sofferto una ragazza minorenne, sua paziente, che peraltro aveva già prima di iniziare le sedute una condizione critica dovuta ad altro”.
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