REGGIO EMILIA – “Sono 170 anni che parliamo di mafie, eppure adesso sono ancora più forti, anche nel Nord, anche in Emilia”. L’analisi di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, è severa, a tratti pessimistica. Ma dialogando di politiche di contrasto alle mafie con il procuratore capo di Reggio Calogero Gaetano Paci e con la senatrice Pd Enza Rando, don Ciotti ha indicato una strada: non basta tagliare le erbacce, bisogna estirpare le radici. E questo lavoro non si fa solo con le indagini giudiziarie e le operazioni di polizia. Servono politiche sociali. “La dimensione culturale è fondamentale. L’educazione, il sostegno alle famiglie, una sanità accessibile a tutti, il lavoro, i servizi”.
Secondo Enza Rando, avvocatessa modenese, già vicepresidente nazionale di Libera, componente della commissione parlamentare antimafia, dalle cosche arrivano segnali preoccupanti. “Noi crediamo che in questo territorio si stiano riorganizzando, con le generazioni più giovani. Loro continuano ad avere interessi e ad essere presenti”.
“L’ultima mafia è sempre la penultima – chiosa don Ciotti – Nel codice genetico dei mafiosi c’è l’imperativo di rigenerarsi”.
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