REGGIO EMILIA – Centoventi fotografie in mostra per illustrare il lavoro, la vita straordinaria e l’altissima qualità degli scatti di Margaret Bourke-White, capaci di raccontare la complessa esperienza umana sulle pagine di riviste a grande diffusione, superando barriere e confini di genere: i Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia, ospitano dal 25 ottobre all’8 febbraio l’esposizione ‘Margaret Bourke-White. L’opera 1930-1960’, a cura di Monica Poggi, realizzata in collaborazione con Camera-Centro italiano per la fotografia.

Le trasformazioni del mondo, cuore della ricerca della fotografa, trovano posto sulla copertina del primo numero della rivista ‘Life’ – dove il soggetto è uno dei più grandi progetti del New Deal, la costruzione della diga di Fort Peck in Montana, e l’autrice racconta sia la monumentalità della diga che la vita degli operai che vivono nei villaggi e nelle baraccopoli sorte attorno al cantiere – e si leggono nei suoi iconici ritratti a Stalin e a Gandhi, nei reportage sull’industria americana, nei servizi realizzati durante la Seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, Nord Africa, Italia e Germania, dove documenta l’entrata delle truppe statunitensi a Berlino e gli orrori dei campi di concentramento.

Costretta ad abbandonare la fotografia a causa del morbo di Parkinson, dal 1957 Bourke-White si è dedicata alla sua autobiografia, ‘Portrait of Myself’, pubblicata nel 1963. È morta nel 1971 a causa delle complicazioni della malattia.

Suddivisa in sei sezioni tematiche, l’esposizione – promossa dalla Fondazione Palazzo Magnani e dal Comune di Reggio Emilia – ripercorre le tappe salienti della carriera, ma anche l’umanità e la forza del suo carattere. Donna libera e anticonformista, seppe imporsi in un mondo dominato dagli uomini, diventando negli anni Trenta una delle figure femminili più celebri d’America, coniugando sensibilità artistica e coraggio civile. Il suo obiettivo, nelle sue stesse parole, era “trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare prima, qualcosa che solo tu puoi trovare perché, oltre ad essere fotografo, sei un essere umano un po’ speciale, capace di guardare in profondità dove altri tirerebbero dritto”.














