REGGIO EMILIA – Meno male che c’è la legge 212 del 4 aprile 1956 a regolare la campagna elettorale, impedendo che qualcuno approfitti della nostra ingenuità. Quanto sia utile questa legge lo abbiamo visto con il protocollo della prefettura, che ha giustamente vietato, leggiamo testualmente, “ogni forma di propaganda luminosa o figurativa, a carattere fisso” nelle feste di partito.
Un cittadino elettore, passeggiando poniamo caso all’interno della festa del Pd e scorgendo su un pannello il simbolo del Pd, potrebbe infatti essere indotto suo malgrado a votare Pd. Il divieto, sia ben chiaro, vale solo perché tra meno di un mese ci sono le elezioni. Se non fossimo in periodo di campagna elettorale, la “propaganda luminosa o figurativa” sarebbe consentita, come è sempre avvenuto. Il cittadino elettore, frequentando supponiamo la festa della Lega e vedendo il simbolo della Lega, sarebbe sì preso dalla fregola di votare per la Lega. Ma, non essendoci in programma di lì a poco una consultazione elettorale, non potrebbe dar corso a questo riflesso indotto e, con il passare del tempo, l’effetto subliminale svanirebbe senza che le regole della democrazia siano state alterate.
La legge poi distingue astutamente fra propaganda a carattere fisso e propaganda mobile. Il simbolo del partito dunque non può stare su un un cartellone e deve essere coperto con il nastro adesivo ma, volendo, può essere portato in giro per la festa. Il motivo di questa incongruenza solo apparente è presto detto: la propaganda di carattere fisso si fissa, appunto, nella mente del cittadino elettore che forse non vorrebbe introiettare il messaggio ma, pur lottando con tutte le sue forze, non riesce a opporsi. La propaganda mobile, invece, passa e va e per sua natura non è idonea a offrire quell’immagine di stabilità che ciascuno di noi si aspetta da un partito. Diciamo la verità: adesso siamo più tranquilli.
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