BRESCELLO (Reggio Emilia) – Le vicende ricostruite nelle 20 pagine dell’avviso di conclusione delle indagini inviato dalla Dda di Bologna a Marcello Coffrini e Giuseppe Vezzani sono tratte in larga parte dalla relazione prefettizia che portò allo scioglimento del Comune di Brescello per infiltrazione mafiosa. Le carte della commissione, trasmesse alla Procura di Reggio, portarono all’apertura di 8 fascicoli d’indagine su altrettanti episodi o atti amministrativi, tutti nel tempo archiviati dal Tribunale senza ravvisare reati. La relazione prefettizia risale al 2016. Marcello Coffrini ha cessato di essere sindaco di Brescello da 7 anni e mezzo, Vezzani da 9. Come è possibile che, a così grande distanza di tempo, gli stessi fatti già esaminati da Procura e Tribunale abbiano portato ora la Dda a contestare il concorso esterno in associazione mafiosa?
La domanda circola ed è legittima e forse è possibile abbozzare una risposta. Le sentenze emesse dal 2017 ad oggi, in particolare quelle dei processi Aemilia e Grimilde, hanno introdotto novità sostanziali. Quelle sentenze, tra le altre cose, hanno accertato che nel nostro territorio opera una cosca autonoma di ‘ndrangheta e che a Brescello vivevano e avevano il centro dei propri interessi molti dei capi di questa organizzazione, dei loro parenti e dei loro fiancheggiatori. Rileggere gli atti, le scelte e le prese di posizione della stagione che va dal 2004 al 2016 alla luce delle nuove acquisizioni giudiziarie può aver portato a valutazioni diverse rispetto al passato, così come un incendio doloso e un’estorsione hanno un significato diverso a seconda che avvengano o meno nel contesto dell’azione di un’associazione mafiosa.
In ogni caso, come sempre, è bene attendere che la giustizia faccia il suo corso. Siamo alla conclusione delle indagini e il processo (se ci sarà) non è neppure cominciato. Gli indagati potranno presentare memorie difensive o chiedere di essere ascoltati e la Dda farà le sue richieste. Poi il Gip deciderà. Potrebbe rinviare a giudizio Coffrini e Vezzani, proscioglierli oppure riformulare il capo d’imputazione, come già accaduto in casi analoghi.
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