SANT’ILARIO (Reggio Emilia) – Non solo una fabbrica di scatole. Nell’Italia del boom economico la Superbox, aperta nel 1960 sulla via Emilia a cavallo tra Sant’Ilario e Gattatico, ha rappresentato l’arrivo delle multinazionali e una crescita demografica senza precedenti, cambiamenti che l’intero Paese stava vivendo.
Carlo Perucchetti, sindaco Sant’Ilario: “E’ stata testimone del passaggio dal mondo agricolo a quello industriale, i primi dipendenti erano ex contadini che venivano dai comuni limitrofi ma anche dalla collina, e per la prima volta avevano uno stipendio”. Stabilimento satellite di una multinazionale di proprietà inglese specializzata nella realizzazione di scatole e lattine, si insediò in un’area allora disagiata, dove si coltivava il pomodoro. Nel tempo arrivò ad avere fino a 1.200 dipendenti, protagonisti di molte battaglie sindacali. “I sindacati si unirono per scongiurare licenziamenti e per combattere i problemi di inquinamento – per la prima volta lavorarono le donne e si ebbe una mensa”, ha spiegato il primo cittadino.
Anche Sant’Ilario cambiò volto, venne costruito il grattacielo e vennero edificati interi quartieri. Il paese passò in pochi decenni da circa 4mila abitanti a oltre 7.500. Nel 1997 lo stabilimento reggiano chiuse, e la multinazionale, ancora attiva, ne aprì altri dove la manodopera costava meno. La storia di questa azienda, che si intreccia con quella del territorio e dell’intero Paese, viene raccontata in un libro, realizzato dal Gruppo di Ricerca Storica di Sant’Ilario e Gattatico. La presentazione al centro culturale Mavarta ha visto la partecipazione di tantissima gente, tra cui anche molti ex dipendenti e sindacalisti. “Il volume è diviso in due parti, una ricerca documentale che ne racconta la storia e circa 40 testimonianze”. Tra gli interventi, anche quello dell’attuale segretario generale della Cgil Maurizio Landini.
Reggio Emilia Sant'Ilario azienda superbox superbox sant'ilario









