REGGIO EMILIA – “Quando lavori in nero sei perduto”. Perduto, schiavo, invisibile. Così si definisce chi lavora in nero. Così spesso viene definito direttamente da colui che lo sfrutta. 144 le voci e i volti che, con la loro testimonianza, hanno dato un contributo fondamentale a Common Ground, progetto interregionale a sostegno delle vittime della piaga del lavoro nero promosso sul territorio dal Comune di Reggio, gestito dalla Cooperativa L’Ovile e cofinanziato dall’Unione Europea, ma 400 le persone in tutto intercettate. I lavori sono iniziati a ottobre 2023 e si sono conclusi in questi giorni. I risultati sono stati presentati nel corso di un convegno organizzato al Tecnopolo.
Un terzo dei coinvolti nel progetto è riuscito a regolarizzare la propria condizione lavorativa. Da lì arrivano la casa, un’adeguata condizione sanitaria, situazioni fisiche e psichiche dignitose. Donne e uomini recuperati dopo anni trascorsi in una trappola che provoca spesso veri e propri traumi da stress fino a gravi infortuni.
L’edilizia, la ristorazione e i servizi di lavaggio auto nelle stazioni di rifornimento i settori in cui maggiormente i lavoratori vengono sfruttati, secondo la ricerca. Ci sono stati risultati anche dal punto di vista giudiziario, visto che il progetto si è svolto in collaborazione con la procura e l’ispettorato del lavoro. Sono stati eseguiti sei interventi ispettivi.
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