REGGIO EMILIA – Nei giorni scorsi si è svolto un campo per bambini molto particolare nella sede di Progetto Danza e Let’s Dance: un “atelier nomade”.
L’idea è quella di ricominciare ad abitare gli spazi, di riallargare braccia, gambe e mani dopo mesi di giochi al chiuso e di divano. Ed è così che i più piccoli imparano a riconoscere il proprio corpo o a interpretarlo in maniera nuova. Ad esempio, simulando le onde del mare. Le onde possono essere calme, o arrabbiate, o melmose.
Così le hanno definite i bambini che hanno partecipato all’esperienza degli atelier nomadi, una sperimentazione creativa che in futuro potrebbe diventare un appuntamento per animare piazze e strade e che per ora si è svolta in via XX Settembre a Reggio Emilia, al campo “arte in movimento” di Progetto Danza e Let’s Dance e ha coinvolto bambini e ragazzi tra i 6 e i 13 anni.
Il risultato di un dialogo nato durante l’emergenza tra insegnanti, danzatori e atelieristi di Reggio Children arrivati dal centro Loris Malaguzzi. “Sono nate nuove alleanze e ci siamo interrogati sul nostro modo di lavorare: in realtà i nostri atelier sono sempre ‘nomadi’ perché in movimento, ma vanno comunque pensati e progettati”, ha detto Isabaella Meninno, atelierista di Reggio Children.
E’ possibile fotografare il movimento? Sì, con una strana macchina che cattura gli attimi restituendo immagini inattese cui dare nomi. “Abbiamo cercato di documentare il lavoro svolto, per gettare un piccolo seme)
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