REGGIO EMILIA – Dal lockdown, passando per l’emergenza dei profughi ucraini e adesso per quella del caro prezzi e della preoccupazione per i costi delle utenze, i numeri delle persone accompagnate dalla Caritas di Reggio sono saliti del 25%. Un migliaio sono le persone senza fissa dimora, prevalentemente uomini giovani che devono affrontare i più svariati problemi, a cominciare dai documenti, ma 2.780 sono le famiglie, per un totale di 9mila persone, in carico ai 47 centri d’ascolto parrocchiali: famiglie che risiedono nel paese di riferimento e che stanno incontrando sempre più difficoltà.
“I poveri si sono stabilizzati al rialzo; temiamo i prossimi mesi perché pensiamo che adesso le persone stiano usando i risparmi, se li hanno”, dice con estrema franchezza il direttore della Caritas reggiana, Andrea Gollini.
Ma cosa accade quando chi aiuta è a sua volta in difficoltà? I mesi che stiamo vivendo e quelli che vivremo sono e saranno caratterizzati da un cortocircuito, un circolo vizioso dal quale si può uscire provando a cercare soluzioni unitarie. Ci sta provando la Caritas di Reggio, che vive la situazione allo stesso modo. Il budget annuale era terminato già a giugno, le spese per la gestione dei centri di accoglienza e delle mense sono cresciuti di 100mila euro. Il magazzino di via dell’Aeronautica è mezzo vuoto. Servono pasta, olio, pane, uova, da dare poi alle parrocchie che a loro volta rispondono alle famiglie in difficoltà. La Caritas si sostenta con l’8 per mille e le donazioni e sta cercando anche di organizzare uno spazio comune sempre nell’area di via Dell’Aeronautica. “Si possono fare donazioni direttamente a noi o ai centri di ascolto o alle famiglie, stiamo chiedendo alle imprese”.
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