REGGIO EMILIA – Scongiurare il rischio che un nuovo tipo di criminalità organizzata si radichi nel territorio: è questo quello che gli inquirenti reggiani e non solo vogliono perseguire, continuando le indagini che hanno già portato alle 62 misure cautelari delle ultime ore.
Esiste una mafia georgiana? Sì e no, secondo le risultanze.
No nel senso che le due organizzazioni a delinquere sgominate dalla questura di Reggio, una delle quali in realtà di matrice ucraina ma molto secondaria rispetto al gruppo georgiano, non rispondono alla caratteristica principale della ‘ndrangheta: l’essere cioè una criminalità organizzata “generalista”. “Se non è totalitaria, non è ‘ndrangheta”, ha detto il procuratore capo Marco Mescolini. “Generalista” e “totalitaria” nel senso che la ‘ndrangheta compie ogni tipo di reato: dal traffico di droga alle false fatturazioni, dallo smercio di armi alle frodi. Il filo conduttore è che i proventi di questi reati servono a finanziare l’associazione a delinquere. I georgiani in questione invece – dai soldati semplici, alle cellule, fino ai capi, i “ladroni” – si concentravano su un solo tipo di reato: i furti, per un totale di 115 capi d’imputazione.
Del contesto mafioso di matrice russa avevano però l’amore per il codice: utilizzavano tatuaggi, nomi e soprannomi. Segni evocativi dell’appartenenza al gruppo, per mantenere la segretezza e allo stesso tempo per farsi riconoscere. Nelle 800 pagine dell’ordinanza seguita ai tre anni di indagine della squadra mobile e della procura di Reggio, si legge che “il loro gergo criminale comprende più di 10.000 parole ed espressioni”. Il tatuaggio è una specie di biglietto da visita. E’ solitamente la stella a otto punte, simile alla rosa dei venti. E’ il segno che si è “ladri di legge”.
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