NOVELLARA (Reggio Emilia) – E’ probabile ci saranno diversi momenti dal forte pathos durante le udienze del processo per l’omicidio di Saman Abbas, cosa che in parte è già successa. “I social – è stato detto dalle assistenti sociali che hanno testimoniato finora – erano la finestra sul mondo per questa ragazza, la cui vita era unicamente dentro casa”. Instagram, Tik Tok. E’ la rete a restituirci le immagini di come la 18enne desiderava non solo apparire, ma essere: libera. E sono le applicazioni a restituirci la sua voce. Gli audio, i vocali che quotidianamente utilizziamo e che anche lei usava, quando riusciva a recuperare altri cellulari diversi dal suo, visto che, è stato detto sempre in aula, aveva paura, sapeva di essere sorvegliata. Messaggi audio come questo: “Ho sentito che dicono uccidiamola, o qualcosa del genere”. E’ la voce di Saman, Saman che di lì a poco sarebbe stata uccisa.
Racconta al fidanzato di aver sentito la madre parlare di una donna che doveva essere punita, racconta anche di essere stata rassicurata dalla donna: “Parlavamo di una ragazza residente in Pakistan”, le avrebbe detto. Di questo audio si è parlato nell’ultima udienza: ne ha fatto riferimento l’assistente sociale Angela Oliva. Altri messaggi sono stati fatti ascoltare in aula: scambi tra la 18enne e un’educatrice che l’ha seguita nei mesi trascorsi nella comunità bolognese.
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