REGGIO EMILIA – Le aquile sulla sommità delle due colonne che paiono attorcigliarsi di certo non passano inosservate e rappresentano l’elemento più caratteristico della villa al civico 33 lungo via Sant’Ambrogio a Rivalta. Presto, la casa sarà destinata a famiglie in difficoltà economica nell’ambito di un progetto che permette al Comune di Reggio di recuperare alcuni dei beni confiscati alla criminalità organizzata e riutilizzarli per scopi sociali, grazie ad un finanziamento da 400 mila coperto principalmente della Regione.
Dietro questa cancellata non c’è una abitazione qualsiasi bensì una delle residenza dei Sarcone, la famiglia che, secondo quanto emerso nel processo Aemilia e negli altri procedimenti giudiziari, per conto della cosca di ‘Ndrangheta Grande Aracri, controllava il territorio di Reggio Emilia. A Rivalta viveva in particolare Giuseppe Sarcone Grande, il maggiore dei quattro fratelli: rimasto fuori dall’inchiesta Aemilia, è stato in seguito arrestato nell’ambito dell’operazione Perseverance, con l’accusa di essere subentrato ai fratelli ai vertici dell’organizzazione criminale.
La confisca definitiva della villa risale all’ottobre di tre anni fa. Così come apparteneva alla famiglia Sarcone anche Villa ‘La Mannaia’ a Bibbiano, nel quale risultavano residenti gli altri fratelli Nicolino, Gianluigi e Carmine. Proprio quest’ultimo vive ancora nel paese della Val d’Enza, perchè sottoposto all’obbligo di dimora in attesa del pronunciamento della Corte di Cassazione sulla condanna a 9 anni per associazione mafiosa.
Sono quattro gli appartamenti in cui è suddivisa Villa La Mannaia. Uno sarà trasformato in un alloggio per carabinieri in servizio sul territorio. Il Comune sta aspettando di entrare in possesso degli altri due appartamenti per poterli destinare ad un uso sociale. E’ un altro dei luoghi simbolo della forza dell’organizzazione, con le stesse colonne attorcigliate ai lati del cancello.
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