REGGIO EMILIA – “Certe notti somigliano a un vizio che non vuoi smettere smettere mai”. Si chiama Campovolo il vizio di Luciano Ligabue, profeta in patria per la quinta volta. Ricevendo il la dalla bacchetta di Little Taver in abito dorato i 100mila della Rcf Arena danno il via alla festa con un karaoke, giunti da ogni dove per immergersi nel mondo cantato dal rocker, fatto di radio che passano Neil Young, nebbia e locali a cui dai del tu e strade troppo strette e dritte per chi vuol cambiare rotta oppure sdraiarsi un po’.
“C’è qualcuno che non è venuto nelle vostre Polaroid”. Gioca con il pubblico e gioca con i ricordi il Liga, mostrando appunto Polaroid e riavvolgendo la moviola.
Magia e leggerezza ma anche impegno civile, urgente più che mai in questa fase storica. L’artista Ligabue sensibilizza sulla crisi climatica e soprattutto sui conflitti in corso. Quando arriva il momento di ‘Il mio nome è mai più’ alle sue spalle campeggiano scritte come Basta con il massacro a Gaza, Basta con il massacro in Ucraina.
Una cadillac trainata da un truck fa da passerella mobile utilizzata da Ligabue e i suoi musicisti per allungarsi verso il pubblico facendo il giro di tutta l’Arena.
Per quasi tre ore la tribù del Campovolo balla e canta in un’atmosfera a volte da circo altre volte da Las Vegas. Tra sogni di Rock ‘n Roll originati dalla pianura reggiana ed entrati nelle corde di più generazioni.
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