REGGIO EMILIA – Nuovi aspetti reggiani nella vicenda che vede indagato Vittorio Sgarbi per autoriciclaggio e contraffazione di opere d’arte. Le indagini sono state chiuse dalla Procura di Macerata. Il caso ruota attorno a un quadro, trafugato undici anni fa da un un castello in Piemonte. Un quadro diventato di proprietà dell’ex sottosegretario alla cultura. Ne avevamo parlato dieci mesi fa dopo che gli inquirenti avevano sentito due imprenditori reggiani: i fratelli Samuele e Cristian De Pietri, titolari del laboratorio Glab di Correggio, al quale Sgarbi aveva commissionato una riproduzione della tela in questione. Un clone che sarebbe poi finito esposto in una mostra a Lucca nel 2021. Prima di essere riprodotta, l’opera è stata modificata con l’aggiunta di una fiaccola. A disegnarla è stato Lino Frongia, pittore 66enne di Montecchio Emilia, molto conosciuto per la sua maestria come copista di dipinti.
Frongia era finito sotto i riflettori nel 2019, accusato in Francia, assieme al critico reggiano Giuliano Ruffini in seguito a una presunta truffa legata a copie d’autore vendute per milioni di euro a facoltosi clienti. Nei confronti dei due era scattato anche un mandato d’arresto Europeo. Nella vicenda che interessa Sgarbi Frongia non è indagato. Lo abbiamo visto in queste immagini durante la visita, nella sua villa, dei cronisti di Report. Alla trasmissione e al Fatto quotidiano, si deve l’inchiesta che da giornalistica è diventata giudiziaria.
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