REGGIO EMILIA – Gioacchino Pelliccia, fiorentino, ufficiale dell’aeronautica, diventa a Reggio capo della squadra politica della Questura nel gennaio 1944. Dirige un gruppo che agisce come una vera e propria banda criminale, dedita a uccisioni e torture di antifascisti, ma anche a saccheggi e rapine di beni degli arrestati. Denari, orologi, perfino preziose gomme di automobili diventano bottino dei componenti della banda. Emblematica è la scelta di Pelliccia di insediarsi nella casa di un ebreo deportato e ucciso ad Auschwitz.
In un ambiente che vede contrapposizioni fra i gerarchi fascisti locali, Gioacchino Pelliccia conquista spazi di arbitrio crescenti. Fra i tanti delitti imputati a lui e ai suoi uomini c’è l’uccisione il 14 luglio 1944 a Cadelbosco Sopra di tre civili – il dottor Paolo Tagliavini, i professori Germano Manghi e Giuseppe Tagliavini – e del maestro Olindo Cervi, legato alla Resistenza. Portati in una campagna vicino al Crostolo, sono abbattuti separatamente a colpi di mitra per simulare una fuga. Pelliccia per combattere il movimento partigiano ricorre all’uso di militi fascisti travestiti da ribelli o alle delazioni di spie, come quando riesce a sorprendere a villa Seta, nella stalla di una casa contadina, i fratelli partigiani Elia ed Emore Azzolini. Il primo è trucidato davanti alla madre, gravemente ferita nel tentativo di fargli da scudo, il secondo è torturato e ucciso poco lontano.
Nei giorni del crollo del regime, Gioacchino Pelliccia fugge prima a Cremona, poi a Bergamo e a Padova, dove assume un falso nome e si spaccia per agente di rappresentanza. Scoperto e arrestato, è processato nel maggio del 1947 davanti alla corte d’assise di Bologna. E’ condannato all’ergastolo con vari membri della sua banda, ma riduzione di pene e condoni lo fanno uscire dal carcere già nel 1953.
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