REGGIO EMILIA – Il 30 ottobre 1926 Benito Mussolini, capo del governo fascista, arrivò in treno alla stazione di Reggio Emilia e fu salutato dai bambini della colonia-scuola Antonio Marro del San Lazzaro, allineati lungo la ferrovia. Erano minori classificati “frenastenici”, cioè “deboli di mente”, ospitati nell’istituto.
Fu un coro di grida di entusiasmo, ma da un gruppetto guidato da un ragazzo di nome Cesare partirono degli “abbasso”, con grande scandalo degli educatori. I quattro furono puniti. Trascorsi due anni, Cesare lasciò la colonia per tornare in famiglia, ma fu accompagnato da una lettera al procuratore del Re, avvisato dalla direzione della colonia che il ragazzo era un potenziale pericolo per la sua “mentalità sovversiva”.
La storia della colonia-scuola intitolata nel 1921 al medico e sociologo Antonio Marro è ben rappresentata da questo episodio. Da un lato il lodevole intento, per l’epoca, di dare ai minori un’istruzione e un mestiere, anche attraverso l’artigianato e l’ars canusina ideata dalla direttrice Maria Del Rio. Dall’altro la segregazione, pratiche terapeutiche oggi inaccettabili come l’elettroshock e la convinzione che le fragilità dei minori nello sviluppo intellettivo per loro natura portassero alla criminalità.
A supporto di questa tesi, la cartella clinica di un’altra ospite della colonia Marro, Dorina, descritta come precoce ladra e prostituta, che finì la sua vita al manicomio giudiziario di Aversa per aver tentato di uccidere una zia con un coltello. La colonia Marro, che era collocata oltre la ferrovia, nel 1936 fu trasferita in un nuovo edificio di stile razionalista, con ampie vetrate e stanze luminose, oggi conosciuto come padiglione Sante De Sanctis. Fu trasformata in scuola-convitto autonoma dal San Lazzaro nel 1953 per decisione di Pasquale Marconi, commissario dell’istituto psichiatrico. Venne chiusa nel 1974, quando anche l’educazione dei ragazzi con disabilità fu finalmente affidata alle istituzioni scolastiche.
Gian Piero Del Monte
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