REGGIO EMILIA – E’ raro trovare nelle cartelle cliniche dell’ospedale psichiatrico San Lazzaro una diagnosi che attribuisca l’omosessualità come malattia. Eppure queste erano le teorie in voga in ambito medico per buona parte del Novecento. La legge del 1904 che porta il nome dell’allora ministro dell’Interno Giovanni Giolitti prevedeva il ricovero in manicomio non solo di chi era ritenuto pericoloso, ma anche di chi poteva dare pubblico scandalo. Le persone omosessuali rientravano in questa categoria ed erano considerate affette da una patologia mentale.
Per queste convinzioni aberranti era finita al San Lazzaro nel 1883 Ersilia P., una ragazza modenese, gracile e minuta, che aveva ottenuto un lavoro in una fabbrica di fiori a Castellarano e si era innamorata della vice-direttrice dello stabilimento. Un innamoramento lesbico non corrisposto e deriso dalle compagne di lavoro, che la portò a stati di depressione e anche a tentare il suicidio, finché la famiglia decise di farla ricoverare in manicomio. L’ultima informazione risultante dai documenti d’archivio parla di un trasferimento di Ersilia coi suoi famigliari a Genova.
Come lei, fu internato al S. Lazzaro nel 1912 anche Girolamo G., 58enne residente a Fabbrico, colpevole di essersi innamorato di un altro uomo. La diagnosi parlava di ‘inversione sessuale’. La maestra del paese scrisse al direttore del San Lazzaro una lettera per chiedergli che nessuna persona, eccetto il sindaco, potesse fargli visita. La condizione di omosessualità era vista come discredito all’interno della comunità paesana. Solo nel 1973 l’Associazione psichiatrica americana, la più grande organizzazione di psichiatria del mondo, ha rimosso l’omosessualità dalla lista delle patologie mentali. La legge Giolitti è rimasta in vigore fino al 1978.
Gian Piero Del Monte
Reggio Emilia malattia San Lazzaro omosessualità Girolamo ErsiliaLa storia del San Lazzaro: l’ipnosi come cura per pazienti isteriche. VIDEO