REGGIO EMILIA – Agricoltori in apprensione per le conseguenze delle alte temperature e soprattutto della siccità che sta assediando le campagne. La resa dei raccolti rischia di essere fortemente compromessa.
“Questa siccità si può paragonare a quella del 2003, anche se in realtà la situazione attuale, all’epoca, l’avevamo a luglio”, le parole di Valeria Villani, vicepresidente di Cia Reggio Emilia. Terreni solcati da crepe larghe anche una spanna in alcuni punti. Sono i segni dell’assenza di acqua nel suolo. Deludente potrebbe risultare la raccolta del mais, che avviene a partire da metà settembre. La resa dipende fortemente da interventi di irrigazione che rischiano di venire meno. “Nel 2003, sul mais abbiamo avuto una diminuzione di produzione del 70%. Per ora, l’acqua ci è stata garantita ma il livello del Po è bassissimo e noi siamo molto preoccupati”.
Valeria Villani conduce un’azienda di famiglia con 450 ettari di coltivazioni, 300 dei quali destinati al mais, prodotto da cui dipende l’alimentazione degli animali da allevamento, in particolare suini. Nei sui campi tra Gualtieri e Guastalla, l’impresa applica tecnologie basate su dati satellitari, per gestire in modo ottimale la risorsa idrica. Lo stesso tipo di tecnologia ha permesso un risparmio nell’utilizzo di fertilizzanti, il cui costo è schizzato negli ultimi mesi.
Pressoché triplicato è anche il prezzo del gasolio per l’agricoltura. Siccità e rincari delineano per il settore la cosiddetta tempesta perfetta. In anticipo sta avvenendo la trebbiatura del frumento, la cui resa risentirà della mancanza di precipitazioni durante i mesi invernali, condizione che ha frenato la formazione dei fusti da cui dipendono i germogli.
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