REGGIO EMILIA – Sei imputati: tre dirigenti comunali (Paola Cagliari, Roberto Montagnani e Santo Gnoni), il presidente e una funzionaria dell’Istituzione Nidi e Scuole d’infanzia (Nando Rinaldi e Tiziana Tondelli), un consulente esterno (Stefano Vaccari). Tutti accusati di turbativa d’asta nella procedura di gara del 2016 per la gestione del nido Maramotti: 1,7 milioni di euro per tre anni. Secondo l’accusa, gli imputati con mezzi fraudolenti avevano escluso la società Baby & Job, risultata aggiudicataria provvisoria, per far vincere la società Panta Rei, che già gestiva l’asilo dal 2010. Il Tribunale, nel processo sugli appalti del Comune di Reggio, ha assolto tutti perché il fatto non sussiste.
Baby & Job era stata esclusa dalla gara nel marzo 2017 per anomalia dell’offerta. I ricorsi della società al Tar e al Consiglio di Stato erano stati respinti con giudizi che il Tribunale di Reggio definisce “del tutto condivisibili”. Dietro il ribasso del 10% con cui Baby & Job vinse la gara si nascondevano infatti contratti di assunzione dei dipendenti per 10 mesi anziché 12 e un numero preventivato di assenze troppo basso per essere realistico. “E’ chiaro che l’offerta presentata dalla Baby & Job – si legge nelle motivazioni della sentenza – era insostenibile economicamente e avrebbe condotto a disservizi per l’utenza’. Di conseguenza, il provvedimento di esclusione della società dalla gara “era legittimo, in quanto rappresentativo di circostanze corrispondenti al vero”.
Gli atti dell’inchiesta e le intercettazioni hanno messo in luce che in quei frangenti l’Amministrazione comunale subiva le pressioni della Fondazione Giulia Maramotti, che voleva che l’appalto fosse assegnato alla Panta Rei e, con un atto formale di intimazione, era arrivata a minacciare azioni legali contro il Comune se ciò non fosse avvenuto. Ma il Comune non si piegò e le intercettazioni, scrivono i giudici, dimostrano che “non vi era alcun accordo tra gli imputati e la Panta Rei”. In particolare, alla luce di una conversazione del 9 novembre 2016, “pare chiaro che i funzionari comunali stessero agendo cercando di perseguire l’interesse pubblico”.
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