REGGIO EMILIA – Una Scuola sull’albero, perfetta per l’era post Covid, etica e sostenibile. Un prototipo messo a punto da un architetto reggiano, Valentino Gareri, che in pochi anni è diventato un nome in ambito internazionale. Lo abbiamo intervistato raggiungendolo via Skype a New York, dove vive e lavora da un anno.
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Alzi la mano chi, da bambino, non ha mai avuto il desiderio di avere una casa sull’albero. Perché da piccoli si vive di fiducia, le cose vere sono quelle più affascinanti, non le diamo per scontate. E casa sull’albero, nella nostra immaginazione, voleva dire essere più vicini al cielo ma anche dentro alla natura, essere indipendenti ma anche sognatori. Come i bambini, Valentino Gareri è un ottimista. A questo aggiunge conoscenze e strumenti che lo hanno portato in poco tempo a diventare un nome dell’architettura a livello internazionale.
Reggiano di Fogliano, 34 anni, dopo la laurea a Venezia ha lavorato con Mario Cucinella, contribuendo tra gli altri al progetto dell’asilo balena di Guastalla, e con Renzo Piano a Genova e a Sidney. Da un anno circa è di stanza a Brooklyn, New York. Lavora per lo studio Big, una potenza che ha commissioni dalla Nasa e da Google, e allo stesso tempo ha un suo atelier dove plasma l’ispirazione col cuore, l’etica e la sostenibilità. Da qui, e anche dal contesto attuale governato dall’idea di un mondo che deve fare i conti con la pandemia, nasce il prototipo de “La scuola sull’albero”: due anelli che si sovrappongono, aule su ogni livello, la possibilità di chiudersi e proteggersi e allo stesso tempo di aprirsi alla natura, la luce del sole sfruttata in maniera totale. Il potenziale fulcro di piccoli centri che, anche a causa del Covid, stanno tornando a popolarsi e sono preferiti alle grandi metropoli.
“Nell’intersezione dei due anelli sono concentrate funzioni pubbliche, come l’auditorium, il bar, la libreria. L’innovazione non parte solo dalle grandi città, passa anche dai piccoli centri”, spiega Gareri. In passato, Gareri aveva messo a punto un altro progetto di edificio scolastico pensato per l’Africa, e ha ricevuto manifestazioni di interesse da Senegal e Sudan per realizzarlo. Così sta già avvenendo con la Scuola sull’albero.
“Diversi Paesi mi hanno contattato, sarei molto orgoglioso se il prototipo venisse realizzato. Non c’è fine speculativo, in ogni professione ci deve essere l’etica: ognuno, in base ai suoi talenti, può migliorare il mondo. Non c’è fine speculativo, c’è un fine etico anche nel lavoro che ognuno di noi fa, ognuno nel suo ambito deve fare il massimo può contribuire”.
Non parlategli di cervello in fuga, perché subito riemerge il suo ottimismo. “Lo vedo come uno scambio: si torna arricchiti a vicenda. E’ una cosa molto fluida. Con la pandemia abbiamo capito quanto la tecnologia sia nostra alleata. Non è il dove l’importante, è il cosa e il come”.
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