REGGIO EMILIA – “Al fine di salvaguardare l’attività in presenza si auspicano innovazioni didattiche e si individua nell’esperienza progettata e realizzata dal Comune di Reggio Emilia una modalità meritevole di conoscenza a livello nazionale”. A scriverlo è il ministero dell’ Istruzione nel protocollo d’intesa siglato con l’amministrazione comunale che porterà su tutto il territorio nazionale la “Scuola diffusa”. Il progetto è nato nel 2020 in seguito alla pandemia e alle esigenze di distanziamento: tra gli altri agriturismi, musei, oratori e centri sociali che accolgono i bambini delle scuole elementari e medie. Una esperienza che ha restituito nuovi stimoli, contenuti e modalità di apprendimento. A settembre il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi aveva annunciato che il modello sarebbe stato esportato. Ora a Reggio è stato costituito un gruppo di lavoro composto da insegnanti, pedagogisti ed educatori che, nel rispetto delle diverse autonomie scolastiche, declinerà il progetto su altri territori.
“L’obiettivo che ci siamo dati con il ministero è quello di provare a ridefinire il curriculum scolastico, un obiettivo ambizioso, andremo dove ci chiameranno cercando di lavorare sulla diffusibilità e sulla esportabilità di questo modello, che nasce in questa città, Reggio Emilia ha una storia lunga ed importante sull’educazione ma che il ministero ci chiede di poter studiare insieme a loro e insieme ai propri tecnici di studiare come può diventare patrimonio della scuola italiana“, sottolinea l’assessora all’istruzione Raffaella Curioni.
In quest’anno scolastico, il secondo con la Scuola diffusa, sono state coinvolte 37 classi, un migliaia di alunni, delle elementari e medie della città. E si sta già lavorando al prossimo anno. “Nel momento di massima difficoltà si è generata una innovazione – il commento del sindaco Luca Vecchi – Si è agganciata a quell’idea di scuola che fu di Maria Montessori, di Loris Malaguzzi e di Gianni Rodari che ha portato a innovare i modelli didattici ed educativi, ha portato i bambini negli agriturismi e nelle istituzioni culturali, è la città che si fa scuola e la scuola che si fa città, uno spazio pubblico ripensato in chiave educativa, questo è un bellissimo messaggio di speranza”.
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