REGGIO EMILIA – Intramoenia e migrazione sanitaria sono i due temi cogenti che riguardano la sanità pubblica anche reggiana ora al centro del dibattito politico nazionale e regionale.
L’obiettivo dichiarato è duplice: ridurre le liste d’attesa e contenere i costi. Sul primo fronte, l’intramoenia, dal latino “dentro le mura”, cioè l’attività da libero professionista dei medici all’interno degli ospedali, interessa circa il 40% dei camici bianchi dipendenti dell’Ausl. L’Ordine dei medici ne difende la legittimità, non riscontra un effetto diretto sulle lungaggini delle liste d’attesa e dunque chiede che non venga messa in discussione. “La legge prevede che un medico possa fare attività in intramoenia solo se ha fatto lo stesso numero di attività per il servizio sanitario nazionale”, spiega Anna Maria Ferrari, presidente dell’Ordine.
Sulla necessità poi di rivedere la mobilità nella sanità pubblica tra regioni, bene la proposta del presidente regionale De Pascale e favorevole all’introduzione di un tetto alle cure a basso impatto, misura che potrebbe alleggerire la pressione sul sistema.
La sfida resta quella di bilanciare sostenibilità economica e diritto alle cure, evitando che i pazienti siano costretti a spostarsi o a pagare di più per ottenere servizi essenziali.
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