BRESCELLO (Reggio Emilia) – Già nell’interrogatorio affrontato in aula il 4 marzo scorso, l’ex sindaco Marcello Coffrini, assistito dagli avvocati Mario L’Insalata ed Eleonora Ciliberti, aveva parlato con forza di accusa infondata, di non aver mai avuto contatti con contesti ‘ndranghetisti.
Una volta incassato il proscioglimento dalla pesante imputazione, ha voluto fare alcune precisazioni ai giornalisti: “Dopo tanti anni, credo che sia un segnale molto importante, che mi tira su a livello fisico e morale. Ero convinto di non aver fatto niente e la decisione di oggi è andata in questa direzione. Non solo non ho fatto nulla, ma non ho nemmeno mai pensato di fare qualcosa”.
Ma, di preciso, come ha replicato nell’udienza preliminare? Su alcune azioni amministrative contestatigli, sostiene di non aver contribuito in alcun modo perché non rivestiva ancora un ruolo politico e se ne occuparono altri uffici, mentre altri atti, per ragioni di funzionalità, erano a suo parere da ritenersi di competenza dei dirigenti comunali. E sulla discussa intervista rilasciata nell’estate 2014 all’associazione Cortocircuito, oggetto in udienza di un serrato botta e risposta con la pm antimafia Beatrice Ronchi, l’ex sindaco sostiene che non ha mai voluto difendere Francesco Grande Aracri – che allora era già stato condannato per mafia – ma solamente tutelare il buon nome di Brescello, di cui era primo cittadino.
Ha vissuto in prima linea lo scioglimento per mafia del Comune. Una vicenda che, dice, ha travolto la sua esistenza. Da qui la rivalsa in una mattina quasi primaverile in tribunale a Bologna.
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