REGGIO EMILIA – Che cosa si può dire di un’artista che Charlie Chaplin ha definito “la più grande che abbia mai vista”, che Lee Strasberg ha descritto come “la migliore attrice di tutti i tempi”, e di cui Marilyn Monroe e Anna Magnani hanno tenuto il ritratto sempre accanto a loro? Tanto, e mai tutto, perché raccontare la Duse fino in fondo è impossibile: anche perché lei ha fatto di tutto per non raccontarsi attraverso interviste o autobiografie. Ma l’attrice e regista Sonia Bergamasco, per cui la Duse è un’ossessione da quando la sua gigantografia la accoglieva ogni volta che si recava al Piccolo Teatro, riesce a costruire un ritratto caleidoscopico a più voci usando come filo conduttore le lettere scritte da Eleonora e interpretate dalla stessa Bergamasco in voce fuori campo.
Nel documentario Duse, The Greatest, che la regista presenterà al Cinema Rosebud lunedì 17 febbraio alle ore 21, Bergamasco si mantiene fuori campo con pudore e discrezione, preferendo dare spazio alle immagini della protagonista – le foto, i ritagli di giornale, le riprese del funerale, gli spezzoni di Cenere, l’unico film da lei interpretato in età avanzata – e alle interviste fatte a chi l’ha potuta vedere in teatro (tratte da numerosi archivi audiovisivi), dal poeta Langston Hughes a Luchino Visconti, e a chi ne mantiene viva l’eredità, come le attrici Ellen Burstyn e Helen Mirren raggiunte in presenza dalla regista.
Bergamasco cerca la sua musa “tra le righe, nei dettagli”: ma la Duse rimane fondamentalmente inconoscibile, così come lei stessa avrebbe auspicato. Un’attrice che portava in scena il suo corpo per rappresentare un femminile più autentico, incorporando piccoli gesti quotidiani. Una voce dal suono insolito che, però, sapeva arrivare a tutti. Una presenza scenica che “dava una scossa esistenziale”, che ha rivoluzionato il rapporto fra attore e spettatore e che ha saputo incontrare il pubblico femminile agli albori del femminismo.