REGGIO EMILIA – Sono stati i pronto soccorso già in forte sofferenza prima della pandemia e nell’emergenza Covid a dover affrontare uno sforzo eccezionale che ne ha segnato la tenuta, a partire dalla stessa capacità di resistenza degli operatori a cui è seguita la carenza sempre più pesante di professionisti. Partendo da questo la Regione ha cercato una modalità per riorganizzare le attività di emergenza urgenza sgravando gli ospedali dei codici più lievi.
Negli ultimi 5 anni il 63% degli accessi non ha richiesto un ricovero e potevano essere indirizzati a strutture territoriali in modo da alleggerire il peso per i medici riducendo i tempi di attesa per gli altri pazienti.
Dunque cosa accadrà anche nel reggiano con questa riforma, in parte già iniziata?
Intanto nascono i Cau, Centri di Assistenza e Urgenza, distribuiti sul territorio e in grado di rispondere di giorno e di notte alle urgenze quando non sono emergenze. Una per distretto in particolare nelle zone non urbane e meno popolate, preferibilmente nelle Case della Comunità. Poi la creazione di equipe medico-infermieristiche che opereranno direttamente a domicilio del paziente; il potenziamento della telemedicina con 20mila postazioni informatiche, infine il potenziamento della struttura operativa del 118.
Afferma l’Assessore regionale alla sanità Raffaele Donini: “Daremo accoglienza a quella grande quantità di persone che oggi si riversano nei pronti soccorsi, che hanno patologie lievi e magari aspettano ore nelle strutture. Noi vogliamo dividere quel flusso attraverso gli accordi sottoscritti con i medici e la riorganizzazione della nostra rete di emergenza-urgenza”.
Sarà anche potenziato il numero europeo gratutito per le cure non urgenti, il 116117.
Soddisfatta la Cisl in merito alla necessità di tendere ad una cornice regionale uniforme e di aver ripreso un metodo di confronto con le organizzazioni sindacali.
Primo step sarà il 15 settembre quando le aziende dovranno presentare i piani riorganizzativi locali.