REGGIO EMILIA – Una scelta di campo precisa. La Regione aumenta le tasse per non tagliare i servizi pubblici e tutelare, di conseguenza, il pubblico impiego. Ciononostante le prime critiche arrivano da Cgil, Cisl e Uil. I sindacati attaccano il metodo “perché – dicono – il confronto con le parti sociali non è mai davvero iniziato”, ma anche il merito in particolare sul fronte degli aumenti che per i sindacati devono colpire chi ha più soldi e non gravare su lavoratori e pensionati che già faticano ad arrivare a fine mese e sostengono l’80% della fiscalità generale. Giudizio positivo, invece, sulle priorità individuate a cominciare da sanità, casa, trasporto pubblico e non autosufficienza. Ai sindacati ha risposto l’assessore regionale al bilancio Davide Baruffi che si è impegnato a tenere conto delle loro considerazioni e ha ribadito “la piena disponibilità a proseguire il confronto appena avviato”.
Critiche alla manovra che arrivano, però, anche dalle opposizioni. Il consigliere regionale reggiano di Fratelli d’Italia, Alessandro Aragona, parla di “disastro figlio delle politiche fallimentari della sinistra” e di aumenti che serviranno “per rimettere in piedi un territorio disastrato da scellerate politiche ambientaliste radicali e ideologiche”.
Critiche anche dalla coordinatrice regionale di Forza Italia, Rosaria Tassinari, secondo cui “la Giunta De Pascale sceglie di aumentare le tasse invece di tagliare sprechi e inefficienze”. Al centrodestra, ha replicato il coordinatore regionale del Movimento 5 Stelle Marco Croatti secondo cui c’è una narrazione distorta della realtà. “La Regione – dice Croatti – si è trovata costretta a compensare i tagli insostenibili imposti dal governo Meloni, che hanno ridotto le risorse destinate alla sanità pubblica e al welfare”.
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