BRESCELLO (Reggio Emilia) – Novecentomila tonnellate di acciaio smaltito in modo illecito, per la Procura, con conseguente inquinamento delle acque sotterranee con i livelli di ferro e arsenico oltre i limiti di legge e un grave danno ambientale causato all’area di via Peppone e Don Camillo, alle porte di Brescello, dove Dugara Spa intendeva realizzare un grande polo logistico. In pratica un’enorme discarica abusiva.
Per questo la Procura di Reggio, in seguito all’inchiesta ancora in corso dei carabinieri del Nucleo investigativo di Reggio del tenente colonnello Maurizio Pallante e del Nucleo investigativo di polizia ambientale, agroalimentare e forestale iniziata due anni fa, ha disposto il sequestro preventivo dell’area e indagato nove persone tra imprenditori, professionisti e funzionari pubblici, cui vengono contestati a vario titolo reati in materia ambientale e falso ideologico: sette sono residenti nella Bassa reggiana, l’ottavo abita a Parma e il nono in provincia di Modena. Tra loro ci sono l’82enne Franca Soncini, amministratrice delegata di Dugara Spa, e madre dell’imprenditore Claudio Bacchi, dell’omonima impresa edile di Boretto, anche lui indagato, entrambi difesi dall’avvocato Roberto Sutich, e cinque dipendenti di Arpae. A loro è contestato il falso ideologico in atto pubblico: secondo la Procura avrebbero giustificato gli alti livelli di arsenico e ferro nell’area con una particolare composizione geochimica dei terreni, mentre quei valori sarebbero dovuti all’inquinamento ambientale.
Infatti secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, Dugara Spa, dopo aver ottenuto l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di recupero scorie di acciaieria per la formazione di rilevati e sottofondi stradali per l’urbanizzazione della stessa area dove doveva sorgere il polo logistico intermodale, avrebbe invece depositato in via Peppone e Don Camillo scorie non trattate e scorie di fusione senza completare il ciclo di recupero e causando il danno ambientale. Per dimostrare questa tesi, la Procura ha così disposto la perquisizione e un sequestro probatorio nelle sedi legali di due società e negli studi professionali nella disponibilità degli indagati, con sequestro anche di materiale cartaceo e informatico.
Dal canto suo Arpae con una nota ha assicurato “la piena disponibilità a collaborare con l’autorità giudiziaria, sul cui operato ripone la massima fiducia”. L’agenzia regionale auspica che “l’iter giudiziario possa accertare il corretto operato del proprio personale, che ha ricondotto i superamenti dei valori di metalli riscontrati a valori di fondo naturale. ‘Aspetti tecnici – precisa Arpae – su cui l’Agenzia ha già da tempo disposto di proseguire i monitoraggi dell’area”.
L’inchiesta Veleno d’Acciaio della Procura reggiana ha ottenuto l’apprezzamento del sindacato Sim Carabinieri che ha voluto rimarcare l’alta professionalità mostrata nell’indagine dai militari dell’Arma.
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