NOVELLARA (Reggio Emilia) – Sfruttati perché clandestini, e dunque costretti ad accettare di tutto pur di riuscire a saldare il debito contratto per il viaggio verso l’Europa. Sottopagati, perché senza diritti; in quanto clandestini. Reclutati dagli stessi connazionali che li collocano nelle aziende cui forniscono la manodopera a basso costo e scarse tutele. E’ lo schema, consolidato, alla base del fenomeno del caporalato in Italia. Un giro d’affari che, secondo la Cgia di Mestre vale nel nostro Paese 68 miliardi, con quasi 3 milioni di lavoratori irregolari. Un vero esercito. 185mila solo in Emilia Romagna, dove pure il tasso di irregolarità è dell’8.7% contro l’11,3% nazionale. Agricoltura, edilizia e logistica, i settori più a rischio, come dimostrato dalla tragedia di Satnam Singh nell’Agro Pontino e dall’inchiesta della Procura di Modena che ha portato all’arresto di 16 pakistani, la maggior parte residenti a Carpi per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione e minaccia. Una comunità quella pakistana dove convivono sfruttati e caporali e proprio per questo denunciare non è facile.
Una comunità che però sta provando a reagire per evitare che gli ultimi arrivati finiscano nelle mani dei caporali, ma che per fare questo ha bisogno dell’aiuto dello Stato con più controlli, pene certe agli sfruttatori e nuove regolarizzazioni per ridurre il numero dei clandestini.
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