REGGIO EMILIA – Il gruppo meccatronico di Unindustria Reggio Emilia, che rappresenta 400 aziende per un totale di circa 29mila addetti, partecipa all’iniziativa nazionale di Federmeccanica “I giorni della metalmeccanica”. Ogni tre mesi viene illustrato il quadro congiunturale di settore.
Nel quarto trimestre dell’anno scorso è rimasto, seppur debolmente, positivo il quadro congiunturale complessivo dell’industria metalmeccanica reggiana. Il rallentamento rispetto alla prima parte dell’anno di tutti i principali indicatori appare tuttavia evidente, sintomo che l’incremento dei costi energetici, il perdurare delle difficoltà di approvvigionamento di materie prime e prodotti intermedi e il loro rincaro hanno ostacolato anche in provincia di Reggio Emilia l’attività industriale.
Il risultato segnato dalla produzione industriale (+4,3%) è stato accompagnato da un incremento degli ordinativi provenienti sia dal mercato interno sia da quello estero. Il fatturato totale ha segnato un +7,9% e la componente estera ha mostrato un aumento della stessa entità. Occorre sottolineare che gli incrementi del fatturato sono stati influenzati dalla crescita dei valori medi unitari. L’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche continua a ripercuotersi sui prezzi alla produzione e nel settore metalmeccanico, che risulta il maggior utilizzatore di metalli, nel 2022 i prezzi alla produzione sono aumentati in termini tendenziali del 12,3%. Tali dinamiche hanno un impatto negativo sulla competitività di molte imprese con ricadute sui margini di profitto già condizionati dai costi dell’energia.
Nel quarto trimestre del 2022 la dinamica occupazionale nelle imprese metalmeccaniche non ha registrato variazioni significative. Continuano però a mancare i profili che servono alle imprese: non si trovano i profili tecnici tradizionali e quelli avanzati.
Con riferimento alla produzione complessiva, il 29% prospetta incrementi a fronte di un 8% che, al contrario, prevede contrazioni. Similmente per quanto riguarda la quota destinata all’estero: le imprese che prevedono un aumento degli ordini dall’estero sono il 27% contro il 10% che pensa di ridurli.