REGGIO EMILIA – Nel giugno dell’anno scorso il Credem riconosceva ai clienti un tasso dello 0,04% sui depositi e prestava denaro a un tasso dell’1,55%. Nel giugno di quest’anno il tasso attivo è salito allo 0,54%, quello passivo al 3,37%. La forbice è dunque cresciuta dall’1,51% al 2,83%. Questo incremento è stato sufficiente a far pressochè raddoppiare il margine d’interesse incassato dalla banca: nel primo trimestre dell’anno è balzato da 129 milioni a quasi 235, nel secondo da 145 milioni a 269. Sono quelli che gli osservatori e lo stesso Governo definiscono gli extra profitti delle banche. Nel caso dell’istituto reggiano, il margine d’interesse è stato di 496,3 milioni nel 2021 e di 662,3 nel 2022. Alla fine di quest’anno questa voce di bilancio potrebbe superare il miliardo di euro.
In un’economia di mercato, nessuno può imporre alle banche di modificare i tassi attivi nella stessa misura in cui modificano quelli passivi. Per questo il Governo ha pensato ad un prelievo straordinario, la cosiddetta tassa sugli extra profitti. Per come la tassa era stata concepita in origine, le banche avrebbero dovuto pagare un’aliquota del 40% sulla differenza tra il margine d’interesse di quest’anno e quello del 2021. La tassa non avrebbe comunque potuto superare lo 0,1% dell’attivo patrimoniale. Per il Credem, dunque, l’importo non avrebbe potuto essere in ogni caso superiore ai 65 milioni di euro. Le proteste delle banche e le critiche di Forza Italia hanno poi indotto il Governo a introdurre alcuni cambiamenti che hanno modificato in profondità l’impatto della tassa. Con quali possibili conseguenze lo vedremo in un prossimo servizio.
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