REGGIO EMILIA – “La decisione di ucciderla è arrivata dal Pakistan, dal fratello della madre”. C’è stato l’ordine dalla madre patria, secondo Ahamd Ejaz, giornalista e attivista anche con l’associazione Differenza Donna. Dal fratello della madre di Saman Abbas, potente poliziotto. E poi è subentrata la logica del gruppo, un gruppo che adesso si è sfaldato, dice ancora, con gli imputati Ikram, Nomanulhaq e Danish rimasti da soli. “Da soli sono come persi, le corti pakistane lo sanno, quelle italiane no, per questo il processo sarà diverso”.
Deriva tutto, dice ancora Ahamd, che qualche mese fa ha lanciato la petizione per conferire la cittadinanza italiana a Saman, dall’antichissima divisione in caste, fulcro della cultura rurale dove il matrimonio combinato è al centro. Ma quello forzato, aggiunge, è un delitto. “In base alla mia esperienza in tutte le vicende di giovani donne a decidere di uccidere sono sempre padri, fratelli, zii”.
Di recente Ahamd Ejaz ha incontrato il nuovo ambasciatore pakistano a Roma: da lui la promessa di attivarsi per la questione estradizione del padre di Saman.
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