REGGIO EMILIA – La dissoluzione del gruppo consiliare del M5S in Sala del Tricolore fa una certa impressione. Chi è andato a destra (Panarari), chi a sinistra (Aguzzoli), chi è stato messo in condizioni di dimettersi perché da avvocato difende una persona coinvolta nell’indagine sugli affidi in Val d’Enza (Ognibene) e chi non si vuole vaccinare (Soragni). Il risultato è che dei 5 consiglieri eletti alle Comunali del 2019 ne è rimasto uno solo: il capogruppo Gianni Bertucci.
Quello che alle Politiche del 2018 fu il primo partito della nostra provincia con il 29,6% e che a Reggio ha espresso anche la vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni e l’unica parlamentare europea reggiana, Sabrina Pignedoli, sembra sull’orlo del baratro.
Per quasi un decennio, il M5S è riuscito a unire sotto la stessa bandiera persone che avevano ispirazioni ideali, motivazioni e obiettivi anche molto diversi. Un miracolo politico, a ben vedere, se si pensa che è stato realizzato senza risorse economiche e senza il supporto dei mezzi d’informazione. Tuttavia è relativamente facile, anche se si è diversi, essere uniti contro qualcosa. Più difficile è poi avere a che fare con i problemi, dover compiere scelte che inevitabilmente scontentano qualcuno e portano a galla le differenze.
Ma anche se il M5S è in grande affanno, anche se i suoi stessi esponenti sono divisi e disillusi, il malessere di cui si è fatto interprete negli anni scorsi non è scomparso. C’è ancora, forse più acuto ed esasperato di prima. Qualcuno cercherà di appropriarsene e potrebbe non avere l’attitudine del M5S, che nonostante gli eccessi è stata e resta un’attitudine democratica.
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