REGGIO EMILIA – Da progetto a programma e azioni permanente. “Reggio Emilia Città senza barriere” mette radici per il futuro e lo fa con la firma di un protocollo di intesa per la costituzione di un tavolo interistituzionale. Al fianco del Comune e delle Farmacie comunali, 60 enti, istituzioni, associazioni e realtà del terzo settore, della cultura e dello sport. Tutti uniti nei valori dell’inclusione, delle pari opportunità e dell’affermazione del valore della persona e della sua dignità universale. L’obiettivo è dare vita a un organismo istituzionalizzato permanente in grado di elaborare, con una prospettiva che va oltre il mandato amministrativo, proposte trasversali per costruire politiche innovative a favore delle persone più fragili.

Gli assessori Annalisa Rabitti e Daniele Marchi
“Reggio Emilia città senza barriere rappresenta una valanga buona, partita in sordina da nove tavoli tematici per poi allargarsi a tutta la città, includendo una fitta rete di associazioni, enti, istituzioni, soggetti privati – ha detto l’assessora alla Città senza barriere Annalisa Rabitti – Il lavoro fatto in questi anni è stato molto prezioso e ha permesso di allargare il raggio di azione del progetto ai più disparati ambiti della vita quotidiana, riuscendo a creare una comunità di educatori alla fragilità. In questi anni Reggio Emilia città senza barriere è stato prima di tutto un progetto culturale pensato per disturbare le nostre certezze e ricordarci che la fragilità è qualcosa che riguarda tutti noi: il risultato è stata una notevole mole di progetti, da cui oggi prende il via un nuovo inizio e da cui rilanciamo con ancora maggiore convinzione questo progetto, per rendere Reggio una città sempre più di tutte le persone”.
“Il protocollo siglato oggi – ha sottolineato l’assessore al Welfare Daniele Marchi – è un’assunzione di responsabilità di tutta la città, lo dimostra la numerosa e variegata partecipazione del mondo dell’associazionismo che ha partecipato alla discussione. Si tratta di un approccio importante: certifica che non è solo il Comune a portare avanti le politiche a favore delle persone svantaggiante, ma un’intera città. La pandemia e le attuali notizie sulla guerra ci impongono una riflessione e una presa di coscienza: i servizi devono convergere su prossimità e comunità, queste due dimensioni, di vicinanza e coesione, sono alla base di un welfare innovativo e sostenibile, oltre che ancor più efficace. Dove il cittadino riesce a trovare i servizi in una dimensione di vicinanza, non solo territoriale, si manifesta benessere nella persona e nella comunità. In questo momento, di riassetto generale del Paese, dobbiamo essere pronti a cogliere questa opportunità e percorrere tale direzione”.