REGGIO EMILIA – Sono 1.852 le imprese attive nel Reggiano potenzialmente prossime a contesti di criminalità organizzata. Un numero che colloca la nostra provincia al 16° posto in Italia, seconda in Emilia Romagna alle spalle di Bologna.
A dirlo uno studio della Cgia di Mestre sulla base dell’ultimo report di BankItalia. Il volume di affari annuo delle mafie è stimato in 40 miliardi, cifra che vale due punti di Pil e che colloca il fatturato dell’industria del crimine al quarto posto a livello nazionale, alle spalle solo di Eni, Enel e Gse. Valore, fra l’altro, sottostimato, poiché non è possibile misurare i proventi riconducibili all’infiltrazione nell’economia legale. Sempre più spesso, infatti, la criminalità organizzata si presenta con la faccia buona, senza minacce ma offrendo servizi e manodopera.
In realtà, gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono tanti: dal narcotraffico al traffico d’armi, dallo smaltimento illegale dei rifiuti a scommesse clandestine, usura, contrabbando e prostituzione. In aumento anche le estorsioni, dove le vittime sono quasi sempre imprenditori. Sono 68 le denunce presentate a Reggio Emilia nel 2023, 29 in più rispetto a 10 anni fa. Il fenomeno estorsivo si sta diffondendo anche con la “complicità” delle vittime, cui viene imposta l’assunzione di personale o la fatturazione di operazioni inesistenti. In questo caso ci sono reciproci vantaggi, ma le vittime devono corrispondere in contanti anche l’importo dell’Iva da versare all’erario. I mafiosi possono, così, pagare il fisco e al contempo occultare la richiesta estorsiva di denaro.
Significativo che il maggiore aumento percentuale di denunce per estorsione sia avvenuto al nord con tre province, Bolzano, Belluno e Verbano-Cusio-Ossola, in cui la crescita è stata maggiore del 300%; il 74,4% a Reggio Emilia. In termini numerici, in vetta c’è invece Roma con 1.204 denunce per estorsione, davanti a Napoli, Milano, Torino e Bologna.
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