Il libro ha meritato il Premio di Alto Merito nell’ambito del Premio internazionale di Arte letteraria ‘IL CANTO DI DAFNE’ per DIRE NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE
Elisenda: una bambina figlia della miseria, della dittatura, del potere e della rassegnazione, subisce l’angheria del maschilismo dominante del primo novecento. Elisenda è ancora una bambina quando viene stuprata dal padrone del podere di montagna in cui la sua famiglia campa, perché è ‘troppo’ bella’. Il trauma la rende muta e malinconica. Ingravidata dal seguito degli abusi, affronta inconsapevole e in solitudine il parto, e l’orrore della violenza si materializza in una creatura ritenuta colpevole di tanta sofferenza. E il suo odio di madre involontaria si placa in un abbeveratoio per bestie dove il figlio viene annegato. Incriminata per pazzia, è rinchiusa per sempre in manicomio. Una vita inumana di dolore e costrizione che si dipana fra le torture fisiche e morali delle convenzionali terapie del manicomio. Fino all’incontro con Angiolina, infermiera umanizzata dalla conoscenza, che le offre amicizia e aiuto per ritrovare se stessa e la parola.
Angiolina: una ragazza figlia della povertà e asservita all’obbedienza paterna che, malgrado la sua resistenza, è destinata al lavoro di infermiera in manicomio. Sposata con un altro infermiere, la sua vita scorre sui binari della mediocrità domestica e lavorativa nella spasmodica ricerca di un figlio che non verrà. Non rassegnata all’ignoranza e alla sottomissione, trova riscatto nella conoscenza e nell’ambizione di migliorare la sua esistenza e quella dei malati mentali. L’incontro con Elisenda sarà determinante per una svolta nella sua vita sentimentale e lavorativa. Con l’aiuto della moderna psicoterapia di uno psichiatra all’avanguardia, porterà Elisenda a recuperare la parola e la coscienza del suo passato imprigionato per decenni nell’inconscio. Non sarà sufficiente a cancellare tutto il dolore accumulato nell’anima di Elisenda e la sua volontà a ricongiungersi con le radici, ma creerà, fra loro due, un legame indissolubile per l’eternità.
Una recensione dello scrittore Marco Truzzi
Penso che la lettura de “La Ca’ di Pom” sia stato un enorme e inaspettato regalo. Perché quello di Fabrizia Amaini è un romanzo straordinario, che va cercato nelle pieghe di quella (stupenda) letteratura di cui non si sente quasi mai parlare nel chiacchiericcio mainstream. Una scrittura sorprendente, che mescola, sapientemente, registri “alto” e “basso”, per una storia in altalena tra durezza e pietà, violenza e misericordia, che non risparmia nulla al lettore, ma che, allo stesso tempo, lo conduce per mano tra luce e oscurità. Un romanzo dove, prima di tutto e prima di ogni altra cosa, c’è alla base uno studio stupefacente della lingua – parlata, sporca, anche dialettale – per cui in altri casi, assai meno validi di questo, ma più “strombazzati”, si griderebbe al “miracolo”.
Trovo difficile derubricare questo libro alla voce “locale” o nei termini di una storia della follia o del San Lazzaro, il vecchio ospedale psichiatrico di Reggio Emilia, dove si svolge gran parte della vicenda. Ci sono, certamente, tutti questi elementi. Ma “La Ca’ di Pom”, vorrei chiarirlo, non è un romanzo “su” qualcosa, ma un romanzo letterario, di grande valore (secondo me). È un “romanzo-donna”, nell’accezione più completa del termine, per sguardo, visione d’insieme, intenti, sensibilità, giustizia, e non solo perché le due protagoniste – Elisenda e Angiolina – sono donne. È un romanzo cui è impossibile rimanere insensibili, una volta girata l’ultima pagina.
Il libro è bifronte, con due diverse copertine: ognuna rappresenta la storia di una delle due protagoniste. Si consiglia la lettura a cominciare da: Elisenda. Si può acquistare online direttamente dal sito Edizioni Saecula, presso i rivenditori online, nelle librerie di Correggio, in qualunque libreria (se non l’hanno, lo possono mandare a prendere)
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