REGGIO EMILIA – Materiale informatico utile alla prosecuzione delle indagini. Questo è stato trovato dai agenti della Digos e dai carabinieri di Torino che hanno dato esecuzione a quattro decreti di perquisizione a carico degli altrettanti membri della band musicale P38-La Gang.
Un gruppo in attività da una decina di anni e che è diventato protagonista delle cronache reggiane dallo scorso primo maggio, dalle polemiche, cioè, conseguite al concerto della band al circolo Arci Tunnel di via Del Chionso. Quel giorno sul palco i quattro, a volto coperto come sempre durante le loro esibizioni, mostrarono la bandiera con la stella a cinque punte.
Il loro repertorio abbonda di brani che fanno riferimento alla lotta armata, da “Renault”, un titolo che è un esplicito riferimento all’auto in cui venne ritrovato il cadavere di Aldo Moro, a “Nuove BR”. Dopo quel concerto la procura reggiana aprì un’inchiesta per istigazione a delinquere, riuscendo nel giro di qualche giorno a identificare i quattro componenti che appunto non si mostrano in volto e utilizzano pseudonimi, e iscrivendo nel registro degli indagati anche l’allora presidente del circolo Arci, Marco Vicini. L’indagine, assieme a un’altra aperta a Bologna per i medesimi motivi, era poi confluita a Torino. Nelle ultime ore le perquisizioni.
La figlia di Moro, Maria Fida, e il figlio di un carabiniere vittima delle Brigate Rosse, Bruno D’Alfonso, avevano presentato esposti contro la band. Band che a metà dello scorso giugno, e quindi a un mese e mezzo dall’inizio della vicenda, aveva annunciato su Instagram il proprio scioglimento: “ll progetto P38 è giunto al termine. Soltanto nell’ultimo mese abbiamo visto saltare più di dieci live che avevamo programmato, a volte per volontà degli organizzatori, a volte per motivi di forza maggiore”, avevano scritto i quattro in una serie di messaggi.
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