REGGIO EMILIA – Verso le 20.30 della sera del 7 gennaio 1944 dodici bimotori britannici apparvero nei cieli reggiani e illuminarono a giorno i quartieri della città con i bengala. Il loro obiettivo erano le Officine Reggiane, dove si costruivano gli aerei Caproni, e la vicina stazione ferroviaria.
Fu colpita la fabbrica, ma anche varie zone circostanti: via Roma, piazza Scapinelli, l’ex mercato coperto, l’ospedale (allora in via Alighieri), le vecchie carceri di San Tommaso da cui fuggirono alcuni detenuti. Una bomba centrò un rifugio antiaereo in piazzale Marconi, davanti alla stazione ferroviaria, provocando vari morti.
Una notte d’inferno per i reggiani fra incendi, morti e feriti. Il giorno dopo, 8 gennaio, l’incubo si materializzò di nuovo verso le 13.30, preceduto dal suono lugubre delle sirene d’allarme: 30 “fortezze volanti”, quadrimotori americani provenienti da un aeroporto pugliese, sganciarono altre bombe. Seguirono altre ondate, per un totale di 109 velivoli che distrussero le Reggiane e la stazione.
Furono colpiti il convento dei cappuccini in via Ferrari Bonini, gli ex Stalloni, il vecchio tribunale di via Roma, tutta la fascia fra viale Piave e via Samarotto. Nei padiglioni dell’istituto San Lazzaro le esplosioni provocarono 81 morti e 53 feriti gravi. In totale, caddero sulla città 1.500 bombe, ognuna del peso di oltre due quintali. Uno degli ordigni scoperchiò le tombe del cimitero di San Maurizio, portando alla luce le salme dei sette fratelli Cervi che erano stati fucilati 11 giorni prima. In quei lunghi anni di guerra furono 450 i morti fra la popolazione per i bombardamenti e 550 i feriti.
Gian Piero Del Monte
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