REGGIO EMILIA – I fatti dell’isolato San Rocco e le scorribande di giovanissimi in centro, viste da un educatore di strada. “Quando singoli e gruppo mettono in atto dei comportamenti perché sentono di vivere in una condizione di ingiustizia sociale o di esclusione, lo fanno con modalità che non sono gentili, che spesso sono corporee e mediate anche dalla violenza”.
Luca Censi è un educatore di strada che lavora da tempo nei quartieri della città per seguire adolescenti e giovani in condizioni di disagio e con comportamenti problematici o aggressivi. Ricopre ora l’incarico di direttore dell’area servizi integrati del centro sociale Papa Giovanni XXIII di Reggio. Dal suo osservatorio e in base alla sua esperienza, cerca di interpretare i fatti accaduti nella notte di San Silvestro all’isolato San Rocco, ma più in generali le scorribande compiute più o meno frequentemente da gruppi di giovanissimi in quella come in altre zone.
Comportamenti che sembrano rispondere a un senso di esclusione, che sono la ribellione non certo giustificata a una condizione di marginalità, che esprimono la voglia di affermare e rivendicare una propria presenza. “Emerge una ricerca di visibilità anche per provocare sdegno”. Secondo l’educatore di strada, inoltre, c’è il ruolo giocato dai social che consentono di aggregarsi e di organizzare ritrovi grazie alla rete. L’approccio securitario, con l’aumento della presenza di forze dell’ordine, può essere la soluzione? “Non credo proprio che proporre l’esercito in strada, come spesso si sente dire, serva”.
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