REGGIO EMILIA – “Paolo Signorini non ha mostrato alcuna consapevolezza del disvalore della sua condotta”. Con questa motivazione, il gip Paola Faggioni ha bocciato la richiesta dei domiciliari presentata dagli avvocati dell’amministratore delegato di Iren, sospeso da ruolo e stipendio, in carcere dal 7 maggio scorso con l’accusa di corruzione per reati che avrebbe commesso quando era presidente dell’Autorità portuale di Genova. Il manager è coinvolto nella cosiddetta “tangentopoli ligure“, l’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari il presidente della Regione Liguria Toti.
Secondo gli inquirenti, Signorini avrebbe ottenuto soldi, soggiorni a Montecarlo e regali di lusso, in cambio di favori ad alcuni imprenditori del porto. La procura di Genova lo accusa anche di avere affidato, da amministratore delegato di Iren, una consulenza da 200mila euro all’imprenditore Mauro Vianello per ricompensarlo di aver pagato il conto del banchetto di nozze della figlia. Una consulenza che Iren ha deciso di sospendere in via cautelativa, come tutte quelle riconducibili al manager.
Nell’interrogatorio di garanzia, subito dopo l’arresto, Signorini si era avvalso della facoltà di non rispondere. A quasi tre settimane dall’arresto, si è detto pronto a parlare e ha chiesto di essere ascoltato dai magistrati. L’ex presidente del Porto di Genova avrebbe riconosciuto che alcuni suoi comportamenti sono stati inappropriati, ma ha negato che vi sia stata corruzione e ha sostenuto di aver agito nell’interesse del porto. Una versione che non ha convinto la giudice.
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