REGGIO EMILIA – Nelle prossime settimane, l’azienda Usl aumenterà le ore di sala operatoria: è una delle iniziative messe in campo per recuperare i tempi di attesa delle prestazioni chirurgiche, ritardi che si sono accumulati in seguito alla pandemia. Ne abbiamo parlato nell’ultima puntata de “Il medico e il cittadino” su Telereggio.
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“Ci rendiamo conto che è un momento in cui chiediamo un ulteriore sforzo, uno sforzo di pazienza, alle persone in attesa di intervento chirurgico, noi confidiamo di riuscire a dare loro una risposta adeguata alle loro aspettative e alla fama di cui gode la nostra azienda nel panorama nazionale”.
La pandemia ha lasciato dietro di sé ospedali da ricostruire dal punto di vista organizzativo e gli organici che non sono gli stessi di quelli della fine di gennaio del 2020. Il direttore del presidio ospedaliero Giorgio Mazzi, a “Il medico e il cittadino”, ha detto che raddoppieranno le ore di sala operatoria: da 300, quando nella fase più acuta del Covid erano garantite solo le urgenze, a 580 a novembre, a 633 a dicembre. “Stiamo ritornando ad una quasi normalità, per quanto riguarda l’erogazione delle prestazioni chirurgiche paghiamo lo scotto di un arretrato legato ai periodi del 2020 e del 2021 in cui abbiamo dovuto bloccare le attività chirurgiche per evitare il rischio del collasso delle strutture”.
Dall’ortopedia alla ginecologia, alla cardiologia: sono le discipline di base quelle a risentire di più dell’allungamento dei tempi di attesa. Si sta sforando anche per le patologie neoplastiche, come tumore al seno o al colon. “Siamo nell’ordine mediamente in ritardo di 15 – 20 giorni, anche se la media in questi casi non fa giustizia alla preoccupazione dei cittadini”.
Se da una parte c’è stato il Covid che ha travolto la sanità, dall’altra si fa i conti con la carenza dei professionisti, anestesisti in particolare, indispensabili in sala operatoria. Dopo aver toccato punte del 34% in meno, oggi l’organico provinciale si attesta sul 26% in meno. La speranza è che dall’ultimo concorso indetto arrivino nuove forze. “Siamo in un’epoca in cui chi detiene il titolo di studio, nel caso specifico la specializzazione, ha un ampio ventaglio di possibilità di scelte e la scelta non è necessariamente, come poteva essere in passato, quella della prima offerta che viene fatta, ma trae origine da aspetti o prerogative che riguardano la vicinanza alla famiglia, piuttosto che agli affetti, piuttosto che alla tipologia dell’ospedale”.
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