CASINA (Reggio Emilia) – “Pluralità e gravità degli elementi richiamati” nell’interdittiva, rischio “non marginale” di infiltrazione mafiosa nell’impresa: il primo atto del braccio di ferro giudiziario ingaggiato da Tommaso Manfreda, imprenditore edile ed ex assessore comunale a Casina, contro la Prefettura di Reggio e gli enti locali va a favore di questi ultimi. Il Tar di Parma ha respinto l’istanza con cui la ditta chiedeva la sospensione dell’efficacia sia del rigetto dell’iscrizione alla white list, sia dei Protocolli di legalità firmati dalla Prefettura e dai Comuni della provincia.
Quanto al primo aspetto, il diniego all’iscrizione alla white list della Prefettura, i giudici amministrativi hanno sottolineato “l’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare”. Le argomentazioni contenute nel ricorso sono infondate, si legge nell’ordinanza, “tenuto conto della pluralità e gravità degli elementi richiamati nel provvedimento, nel complesso idonei ad escludere l’«occasionalità» invocata da parte ricorrente (la ditta di Manfreda, nda) e a far ritenere non marginale il pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa”.
Per il Tar di Parma mancano i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare anche in relazione ai Protocolli di legalità, perché “i titoli abilitativi edilizi in forza dei quali l’impresa ricorrente sta esercitando la propria attività, non risultano oggetto di sospensione”. I giudici aggiungono che, “ad un sommario esame proprio della fase cautelare, le censure articolate in ricorso paiono prive di pregio”.
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