CORREGGIO (Reggio Emilia) – Daniela è rimasta lì, stesa sul letto senza vita, coperta da un piumone, per almeno 12 ore, secondo una primissima ispezione esterna medico legale. Ma probabilmente molte di più, forse anche 24, in base alla ricostruzione che i carabinieri reggiani coordinati dalla procura hanno fatto dei suoi ultimi movimenti. Lui ha detto di averla soffocata, hanno riferito gli inquirenti; di essere dipendente dalla droga e che lei, Daniela, lo aveva fatto separare dalla precedente compagna che aveva maggiore disponibilità economica. E a lui i soldi servivano per la cocaina e il crac.
Peter Pancaldi, 45enne sassolese, è stato fermato perché indiziato dell’omicidio volontario della 48enne Daniela Coman, anche lei di Sassuolo, di origini rumene. L’uomo ha reso spontanee dichiarazioni dopo essere stato portato in caserma, una volta fermato dai carabinieri nel Modenese a bordo dell’auto della vittima nella notte tra mercoledì e giovedì. Ha indicato agli inquirenti dove trovare il cellulare di Daniela, che avrebbe gettato dalla vettura in un campo nella zona di Gavassa. All’uomo sono contestate anche due aggravanti: la premeditazione e il fatto di aver commesso il delitto su una vittima di atti persecutori da lui stesso perpetrati, secondo gli inquirenti. Minacce e aggressioni verbali e fisiche cui Daniela sarebbe stata sottoposta: lo sapevano la sorella, che spesso rimaneva in linea telefonica con Daniela che per paura del 45enne teneva il cellulare acceso, e alcune amiche, ma non ci sono denunce per questo. Spesso, hanno sempre riferito persone sentite in queste ore, le chiudeva naso e bocca con le mani e le diceva che l’avrebbe uccisa così, ma sarà l’autopsia a dire cosa sia successo il 13 maggio a Prato di Correggio. Verranno anche analizzati dal punto di vista genetico alcuni oggetti trovati nella camera da letto. Pancaldi aveva affittato l’appartamento da qualche mese, Daniela ci abitava saltuariamente. Stavano insieme da circa un anno, ma la 48enne aveva deciso di lasciarlo.
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Il 13 al mattino, hanno ricostruito gli inquirenti, aveva preso accordi con Pancaldi per andare a prendere le sue cose. Aveva anche avvertito i colleghi di Baggiovara che sarebbe arrivata più tardi, ma poi non si era più fatta sentire, non era andata a prendere a scuola il figlio 11enne e non rispondeva alle chiamate, tanto che la sorella e l’ex compagno, il 14 sera, hanno lanciato l’allarme ai carabinieri. Martedì l’incontro con Pancaldi sarebbe avvenuto senza liti. Daniela era uscita ma, sempre secondo le indagini, lui l’avrebbe richiamata: “Ho trovato il tuo pc e la macchina fotografica, ci sono anche le foto di tuo figlio”. Un’esca, in pratica. Da qui la contestazione della premeditazione. Lei è tornata e da quella casa è uscita solo cadavere. Al posto del lampadario, c’era un cappio: la tesi è che Peter Pancaldi abbia fatto leva sulle corde della compassione, facendole intendere di volersi suicidare se lei fosse andata via.
L’avvocato Annalisa Miglioli, legale di Pancaldi, precisa che le spontanee dichiarazioni sono state rilasciate prima del suo arrivo e che poi l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere.
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