REGGIO EMILIA – Sono state 2.200 in provincia le informative antimafia prodotte negli ultimi due anni nel settore edilizio pubblico e privato, in virtù, dicono il sindaco di Reggio e il presidente della Provincia, del lavoro fatto assieme alla prefettura dal 2015 a oggi.
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Strumenti non solo “efficaci e innovativi” e che fanno di Reggio un caso unico sul territorio nazionale nell’ambito dei controlli antimafia, ma che “andrebbero estesi ad altri settori economici oltre a quello dell’edilizia”. Lo dicono e lo chiedono il sindaco di Reggio e il presidente della Provincia. Luca Vecchi e Giorgio Zanni tracciano il bilancio numerico e politico a quasi dieci anni dalla prima applicazione del protocollo siglato con la Prefettura: entrato in vigore nel 2015 e aggiornato nel 2021, ha introdotto clausole speciali in base alle quali, per il Reggiano, le verifiche fatte in edilizia pubblica vengono estese anche a quella privata. L’attivazione di un Ufficio associato legalità coordinato dalla Provincia ha fatto sì che ci fosse un’unica banca dati utile per il monitoraggio di richieste e risposte e che si evitassero ritardi nel rilascio dei titoli edilizi.
Nel 2022 sono stati sottoposti a richiesta di informativa antimafia 705 interventi in provincia, 1.500 nel 2023. “Senza i protocolli in vigore, applicando la normativa nazionale – dicono Vecchi e Zanni – sarebbero stati verificati meno di un quarto di questi interventi”.
Un bilancio che viene fatto in giorni nei quali ha tenuto banco il caso Edilgest – il consorzio edile guidato da Roberto Salati destinatario di una interdittiva antimafia della Prefettura – ma anche la creazione di un’associazione di imprenditori edili calabresi, molti dei quali colpiti da interdittiva, che chiedono un ripensamento di questo strumento. Nei giorni scorsi ai nostri microfoni la prefetta Maria Rita Cocciufa ha spiegato che le ultime inchieste della magistratura hanno messo in evidenza situazioni che possono anche essere diventate strutturali e ha ricordato che le interdittive possono comunque essere impugnate.
“Il numero crescente di interdittive – concludono Vecchi e Zanni – conferma sia l’importanza dei protocolli sia, soprattutto, la diffusa presenza, nel territorio, del permanere di situazioni di illegalità. Per questi motivi sono fondamentali strumenti quali i protocolli e l’uso della white list”.
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